Storia di un Movimento resistenziale antisovietico che, pur completamente isolato dal resto dell’Europa ‘libera’, per oltre un decennio, al pari dei similari Movimenti estone e lettone, seppe dare filo da torcere alle preponderanti forze moscovite
di Alberto Rosselli
Ogni anno in tutte le chiese e le città della Lituania vengono celebrate messe ed organizzati convegni per ricordare il cinquantenario della fine di una gloriosa, sanguinosa e sfortunata pagina di storia patria, cioè la sconfitta del Movimento di Resistenza antisovietico: fenomeno che, tra il 1944 e il 1958, vide impegnata – a fronte della pressoché totale indifferenza dell’Occidente democratico - gran parte della popolazione di questo Paese baltico, e non solo.
Per decenni, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli albori degli anni Novanta, buona parte della storia e delle vicissitudini dei popoli baltici e dell’Europa orientale e balcanica sottoposti ai regimi comunisti sono rimaste avvolte da un alone di distacco e di mistero. Anche se dei molteplici disastri prodotti, tra il 1917 e il
Tra l’incudine nazista e il martello comunista
In forza degli accordi contenuti nel Patto Molotov-Ribbentrop, il 15 giugno 1940, l’Armata Rossa penetrò in Lituania, annettendola il successivo 3 agosto.
Nonostante la rapida e violenta epurazione di gran parte della classe dirigente della repubblica baltica, ben presto, nelle foreste del paese, iniziarono a formarsi le prime bande partigiane, composte inizialmente da ex ufficiali e soldati del disciolto esercito, mentre nelle città sorsero le prime organizzazioni politiche clandestine, anche se bisognò comunque attendere un anno per assistere alla prima grande sommossa contro l’invasore. Questa si sviluppò tra il 23 e il 27 giugno
La Lituania si ribella all’invasore sovietico
E fu così nell'estate del 1944, poté risorgere nuovamente il Movimento di Resistenza Nazionale Lituano che, nonostante la dura repressione sovietica, crebbe gradualmente fino a raggiungere la sua massima forza nel
Durante questo periodo, i gruppi partigiani comandati da ex ufficiali dell’esercito assunsero dimensioni notevoli, anzi eccessive, venendo addirittura strutturati in compagnie e perfino battaglioni. La tattica adoperata da queste unità era di tipo convenzionale con operazioni effettuate, anche in pieno giorno, da reparti numerosi. Tattica quest’ultima che causò ai ribelli perdite molto rilevanti. E’ stato calcolato che più della metà dei 30.000 partigiani che operarono secondo questi errati criteri trovò la morte scontrandosi con le forze sovietiche, numerose e abbondantemente armate e dotate di carri armati, mezzi blindati, artiglieria e supporto aereo tattico. Comunque sia, tra il 1944 e il 1946, l’Armata Rossa lamentò oltre 80.000 tra morti, feriti e dispersi. Per stroncare il movimento ribelle, il Comando sovietico trasferì in Lituania, oltre a decine di battaglioni regolari dell’esercito, due divisioni della NKVD (poi MGB e KGB) e quattro reggimenti di Guardie di Confine, forze alle quali si unirono circa 7.000 ausiliari della locale Milizia Comunista, i cosiddetti stribai. Questa massa di uomini, che raggiunse un totale complessivo di oltre 100.000 militari, venne posta agli ordini del “governatore” M. A. Suslov inviato da Stalin in Lituania con il preciso compito di “bonificare e normalizzare il paese”. “Lavorerò affinché vi sia una Lituania senza lituani”, dichiarò Suslov subito dopo avere ottenuto
L’organizzazione militare resistenziale
In concomitanza con il lento ma inesorabile consolidarsi del potere sovietico, i gruppi partigiani iniziarono a frazionarsi in unità molto più piccole [Baltic Defence Review N° 3 V Volume 2000, 118] formate da plotoni di cinque, massimo 10 uomini. In questa fase della guerra, i ribelli evitarono di svolgere azioni nelle ore diurne, rimanendo ben rintanati nei rifugi sotterranei e nei bunker situati nella profondità delle foreste lituane. Solo verso il fare della sera, le pattuglie iniziavano la loro attività, effettuando imboscate e attacchi contro colonne e presidi russi. Rapidamente, anche i raggruppamenti autonomi partigiani operativi in diversi comprensori territoriali accettarono di entrare a fare parte del Movimento di Resistenza, venendo assegnati alle dipendenze di specifici Distretti dipendenti da un Comando Centrale. Ma ciononostante, soltanto nel febbraio 1949 questo processo poté dirsi completato. In questo periodo venne infatti creata una nuova struttura, il LLKS (Movimento dei Combattenti per
Le unità partigiane basavano la propria attività su regole ferree. I reparti erano strutturati come vere e proprie unità di un esercito regolare ed esisteva una precisa gerarchia di gradi. Le truppe, nel limite del possibile, vennero dotate di uniformi militari e di mostrine. Il Movimento di Resistenza si organizzò anche sotto il profilo delle gestione del territorio, nominando responsabili istituzionali incaricati di favorire la propaganda anti-sovietica e di garantire all’interno dei Distretti da essi controllati la normale attività lavorativa dei civili ivi residenti. In più di un’occasione, speciali gruppi politici dipendenti dal Movimento si adoperarono per dissuadere la popolazione dall’aderire alle iniziative governative, respingendo i bandi di arruolamento nella Milizia comunista e boicottando le elezioni per le nomine delle autorità di governo locali. In questo periodo, i partigiani intensificarono i loro attentati nei confronti dei collaborazionisti e dei Commissari del Popolo che sovrintendevano il sequestro e la collettivizzazione forzata delle terre e delle proprietà: prassi che tra l’altro portò l’economia agricola lituana allo sfascio. Tra il 1946 e il 1949, i partigiani riuscirono, grazie alla connivenza di tipografi e lavoratori del settore cartaceo, a dare alle stampe più di 70 tra giornali e pubblicazioni clandestine che vennero distribuite su tutto il territorio nazionale. Molte delle pubblicazioni avevano come scopo quello di
Abbandonati dall’Occidente gli ultimi gruppi partigiani si arrendono
Tra il 1950 e il 1953, il movimento di resistenza entrò nel vortice di una grave crisi che lo avviò ad un progressivo sfaldamento. A determinare questa crisi furono diversi fattori. In primo luogo, gli auspicati aiuti da parte dell’Occidente si concretizzarono in pochi aviolanci di rifornimenti e armi effettuati da aerei anglo-americani privi di matricole decollati dalla Germania Occidentale e dall’isola di Bornholm. Secondo, la progressiva collettivizzazione forzata delle terre e la costituzione di comuni agricole controllate politicamente da Mosca impedì ai partigiani di accedere agli indispensabili approvvigionamenti alimentari. Terzo, la crescente attività degli agenti del KGB e degli addestrati gruppi “anti guerriglia” iniziò a fiaccare i gruppi combattenti, ormai anche a corto di armi e di munizioni, favorendo nel contempo il fenomeno delle diserzioni. Quarto, gli assassini di civili commessi da agenti del KGB travestiti da partigiani screditarono il Movimento agli occhi di parte della popolazione. Quinto, la gravissima crisi economica innescata dalla collettivizzazione delle terre gettò la classe contadina nella miseria più assoluta rendendola più malleabile ed incline ad accettare le sementi e i viveri “offerti” ad essi dal governo in cambio di delazioni utili per individuare e catturare partigiani. Sesto, le continue deportazioni di massa di civili nei gulag siberiani e il contestuale processo di “russificazione” del paese, indebolì la stessa componente etnica lituana, ridotta quasi alla stregua di una minoranza priva dei diritti più elementari Fu per queste ragioni che, verso la metà del 1953, la quasi totalità dei gruppi ribelli accettò di arrendersi in cambio delle amnistie promosse dal governo comunista di Vilnius. In realtà, quasi tutti i partigiani che si arresero spontaneamente non ottennero dalle autorità alcuna clemenza in quanto vennero imprigionati, processati per direttissima, impiccati o spediti nei gulag siberiani. E fu proprio per questa ragione che alcune centinaia di guerriglieri preferirono continuare la loro disperata resistenza ancora per qualche anno, subendo però nuove pesanti sconfitte. Il 30 maggio 1953, nella foresta di Simkaiciai, nella regione di Jurbarkas, i reparti anti-guerriglia sovietici catturarono J. Zemaitis, il Presidente del Presidium del Movimento Lituano per
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