Negli anni Settanta del secolo scorso il movimento Khmer, capeggiato da Pol Pot, ha devastato
La Cambogia, paese compreso tra golfo di Thailandia, il Laos e il Vietnam, ha una superficie di circa
Oltre due milioni di vittime
La Cambogia è conosciuta principalmente per le tragiche vicende legate al periodo della dittatura del leader marxista Pol Pot che eliminò da
Ma chi era Po Pot? Saloth Sar (questo era il suo vero nome), futuro leader dei Khmer, nasce il 25 maggio
Nel frattempo, la sconfitta francese in Indocina del 1954 divide il Vietnam in due: il Nord comunista sostenuto dalla Cina, e il Sud vicino all’Occidente e sostenuto dagli Stati Uniti. Nello stesso anno, le elezioni in Cambogia vedono il Partito Comunista alleato dei democratici, pesantemente sconfitti. Il principe Sihanouk assume poteri assoluti. In questo periodo il comunista Pol Pot svolge mansioni di insegnante in una scuola privata e, nel contempo, cerca di fare proseliti tra i membri della classe intellettuale. Attività che alla fine lo costringe alla clandestinità. Si rifugia nella giungla, vicino al confine vietnamita, dove rimane sette anni, organizzando un’armata clandestina e allacciando contatti con le forze nord vietnamite. Nel 1964, le truppe americane sbarcano in Vietnam in appoggio al regime di Saigon e, dopo un primo periodo di neutralità, garantita dal principe Sihanouk, anche
Nel 1970, un colpo di stato, organizzato e finanziato dalla CIA, destituisce il principe Norodom Sihanouk, costretto ad unirsi alla guerriglia e a cercare un accordo con il suo antico nemico Pol Pot, mentre il potere è affidato al generale Lon Nol. La situazione sfocia nella guerra civile. Lo stesso anno, in seguito alla penetrazione di forze nord viet, le truppe americane entrano anch’esse in Cambogia per fare fronte al nemico che riesce ad unirsi alle forze rivelli dei Khmer Rossi. A questo punto, il governo militare cambogiano, corrotto e incompetente, perde anche il sostegno economico e militare statunitense, e Pol Pot ne approfitta per marciare su Phnon Penh. La data fatidica è il 17 aprile 1975, quando i Khmer Rossi entrano nella capitale e migliaia di cittadini si riversano per le strade, in realtà, più che per inneggiare al movimento di Pol Pot, per festeggiare la fine della guerra civile durata oltre cinque anni.
In brevissimo tempo, però, l’euforia si trasforma in terrore. I soldati Khmer prendono possesso dei punti nevralgici della città, intimando alla popolazione di abbandonare immediatamente le proprie abitazioni. A chi chiede il motivo di tale provvedimento viene risposto che gli americani stanno pianificando attacchi aerei su Phnon Penh, menzogna ben architettata applicata a tutte le maggiori città del paese. Chi rifiuta l’ordine, chi non obbedisce istantaneamente, o agisce troppo lentamente, viene ucciso sul posto. Centinaia di migliaia di persone formano quindi lunghe colonne dirette fuori città verso un’area prescelta dai Kkmer per la raccolta.
Inizia il periodo più agghiacciante della storia cambogiana. Pol Pot, che vuole instaurare una repubblica comunista nel senso più totalitario del termine, basata unicamente su fattorie cooperative e sull’abolizione della vita nelle città, avvia un esperimento rivoluzionario ispirato in parte alla rivoluzione culturale attuata da Mao in Cina, paese con il quale, tra l’altro, stabilisce rapporti diretti. Fra i primi provvedimenti del nuovo dispotico e folle regime, l’espulsione degli stranieri, la chiusura di tutte le ambasciate, il rifiuto di ricevere aiuti internazionale, la chiusura dei luoghi di culto, la proibizione di parlare lingue al di fuori del dialetto Khmer, la chiusura di tutti i giornali, le televisioni e le radio; la confisca di tutti i beni e mezzi di trasporto privati, la cessazione dei servizi postali e telefonici e di quasi tutti i servizi pubblici. E, naturalmente, l’eliminazione fisica di tutti gli appartenenti al vecchio stato ed esercito nazionali. Secondo le stime dei ricercatori dell’Università di Yale, durante il periodo della sua dittatura, Pol Pot eliminò 1,7 milioni di concittadini, mentre Amnesty International e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti fanno ammontare la cifra, rispettivamente a 1,4 e 1,2 milioni. Lo stesso Pol Pot, dal quale era lecito attendersi sottostime, dichiarò di avere eliminato 1 milione 800.000 ‘reazionari borghesi’, compresi donne, vecchi e bambini. Gli unici cambogiani che hanno diritto a vivere sono i contadini, mentre intellettuali, insegnanti, religiosi, impiegati, artigiani e commercianti, in quanto appartenenti al vecchio regime e quindi potenziali nemici del nuovo comunismo- agricolo di Pol Pot vengono liquidati. Anche il semplice fatto di portare gli occhiali viene visto come indice di una cultura avversa. In base all’emanazione di nuove, deliranti leggi, vengono messi fuorilegge il denaro, la proprietà privata, la religione, qualunque collegamento con il mondo esterno e persino qualsiasi tipo di relazione affettiva all’interno delle famiglie considerate nuclei ‘borghesi’. Le città vengono maledette e abbandonate in quanto simboli del capitalismo. L’ormai desolata Phnon Penh viene ribattezzata “la grande prostituta del Mekong”. La nuova capitale di quella che si sarebbe chiamata ufficialmente Repubblica Kampuchea, viene spostata ad Angka, centro noto per i suoi templi del XII secolo.
Agli abitanti delle zone sottoposte al governo dei Khmer Rossi veniva imposto di venerare in maniera fanatica e pseudo-religiosa l’onnipresente ma impalpabile entità Angka o Angkar Padevat, cioè Organizzazione Rivoluzionaria, (rappresentazione pesudo metafisica del Partito Comunista di Kampuchea, i cui membri peraltro in molti casi non erano noti al popolo), infallibile depositaria della giustizia e responsabile della sua esecuzione, della sorveglianza e della difesa del popolo cambogiano, nonché unico oggetto di amore consentito alle persone. Nel ‘sistema’ Khmer non esisteva alcun riferimento al Partito o ai suoi leader, i quali non venivano mai nominati direttamente, ma indicati come Fratelli e distinti tramite un numero cardinale. Con il loro fervore quasi mistico e i loro culti (in contraddizione con la cultura razionalista sulla quale si fonda il marxismo) avevano molti tratti in comune con la dottrina nord coreana Juche.
Nel frattempo vengono allestiti i campi della morte, dove centinaia di migliaia di persone vivono in schiavitù. Oltre ai cambogiani, vi vengono rinchiusi vietnamiti, thailandesi, circa ottomila cristiani, musulmani Chams e altri venti gruppi etnici. Le guardie Khmer, spesso poco più che bambini, esercitano diritto di vita e di morte su chiunque. Almeno il 50% dei circa 425.000 cinesi residenti in Cambogia vengono, e i musulmani che rifiutano di mangiare carne di maiale sono uccisi dalle guardie Khmer a colpi di ascia.
Nel tristemente famoso centro di detenzione S-21 o alla scuola di Tuol Sleng, trasformata in quartier generale della polizia Khmer (oggi Museo del Genocidio nella capitale) sono torturate oltre 40mila persone, senza distinzione fra uomini, donne, anziani e anche bambini.
Nel 1978 l’esercito vietnamita, sostenuto economicamente dall’URSS, entra in Cambogia e la guerra si allarga a tutto il paese, specialmente nelle giungle occidentali ai confini con
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