AD AGRIGENTO I RE MAGI NON POSSONO ENTRARE NELLA CATTEDRALE



PROVOCAZIONE? O SOLO DESIDERIO DI ESSERE "ALLA MODA"?



E così, proprio sul finire delle festività natalizie, leggiamo che uno sfregio al presepio è stato fatto non da laicisti, non dai soliti stucchevoli anticlericali rabbiosamente attaccati alle loro quattro idee (?), bensì da cristiani, addirittura dal Direttore della Caritas di Agrigento, col consenso dell’arcivescovo.

Riportiamo il lancio dell’agenzia Apcom:

La provocazione per far riflettere sul tema dell'accoglienza
Roma, 5 gen. (Apcom) - Un presepe senza Re Magi, perchè "sono stati fermati alla frontiera, come gli altri immigrati". Il presepe anomalo e insolito è stato allestito nella Cattedrale di Agrigento, con il consenso dell'arcivescovo. Obiettivo: far riflettere sul tema dell'accoglienza. I Re Magi sono stati sostituiti da un cartello con la scritta: "Attenzione, si avvisa che quest'anno Gesù bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perchè sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". L'idea è di Valerio Landri, direttore della Caritas diocesana. "E' una provocazione - dice ad Apcom - un invito alla riflessione rivolta ai fedeli agrigentini e a tutta la comunità civile sul tema dell'immigrazione. A Natale riflettiamo sul mistero dell'accoglienza di Gesù, ma non siamo disposti a incontrarlo nelle persone che vengono tutti i giorni, nei poveri, negli abbandonati, negli immigrati?". "Non è una cosa polemica nei confronti della legge - precisa Landri - riteniamo che una legge ci voglia, che occorra una regolamentazione. Tuttavia la legge attuale con i respingimenti è ingiusta, perchè non consente di ascoltare la storia della gente, di verificare se ci sono i margini di accoglienza". La reazione della gente è stata di diverso tipo. "Alcuni hanno reagito positivamente e hanno riflettuto positivamente - conclude l'ideatore del presepe - altri si sono lamentati perchè hanno visto in questa scelta una sorta di rinuncia alla tradizione".

Che dire? Quando ho appreso la notizia, sono rimasto senza parole. Avrei scritto volentieri quattro righe cercando di prendere un po’ in giro gli ideatori di questa bislacca vicenda, ma non ci sono riuscito, perché in verità c’è ben poco da ridere.

Sorvoliamo sulla parola “provocazione”, che ormai è divenuta stucchevole da tanto che se ne fa abuso. Iniziarono i sessantottini a giustificare le loro giovanili devastazioni per l’atteggiamento “provocatorio” delle forze dell’ordine, o a giustificare qualche testa rotta per la “provocazione” dei neofascisti. Da lì in poi abbiamo avuto generazioni di provocatori e di provocati. Evidentemente in tanti non albergano i normali controlli emotivi, se le “provocazioni” hanno questa importanza. Transeat. Cerchiamo di entrare nel cuore della vicenda.

L’immigrazione è un problema drammatico. Considerando anche solo la vicinissima Africa, in quel continente c’è una natalità quattro volte superiore a quella europea, ma i nuovi nati hanno ben poco prospettive di lavoro nei loro Paesi. Nell’Egitto, che pur è uno dei Paesi africani più progrediti, ogni quattro nati, solo uno ha la prospettiva di trovar lavoro in patria. Ragioni di sopravvivenza spingono quelle popolazioni a cercare sbocchi verso l’esterno, e l’Italia, per la sua stessa posizione geografica, è il primo Paese interessato a questo fenomeno. Ma ben sappiamo quanto il fenomeno interessi anche l’est europeo, dove esiste tanta povertà dopo decenni di “paradiso” comunista.

Anzitutto vorrei fare una banale considerazione: se in dispensa ho cibo per cinque persone, e lascio che in casa mia entrino cinquanta persone in cerca di cibo, non sono un generoso, bensì un incosciente o un cretino. E lo stesso dicasi se ho una stanzetta in cui potrebbero alloggiare due persone, e la offro a venti persone che sono senza un tetto.

Anni e anni di immigrazione incontrollata hanno danneggiato anzitutto gli immigrati, sfruttati ben bene, alloggiati spesso come bestie (se non peggio), spinti a un certo punto a delinquere dalla disperazione. Nessuno quindi nega la necessità di una regolamentazione del fenomeno, né la nega (bontà sua) il direttore della Caritas di Agrigento.

Ma il problema è affrontato con una superficialità incredibile. Sembra che l’Italia sia un Paese con le frontiere assolutamente blindate, dove tutti gli immigrati vengono respinti. A prescindere dal fatto che per controllare realmente tutte le frontiere italiane servirebbe un numero spropositato di uomini (abbiamo tremila chilometri di coste…), andiamo a guardare le normative degli altri Paesi europei, e scopriremo che non siamo davvero i meno “accoglienti”. Né per favore si racconti la storia del “razzismo” in Italia. Nel nostro Paese non c’è mai stata una mentalità razzista. Ma il razzismo lo si crea proprio con una immigrazione sregolata, a maglie troppo larghe, con un sistema che fa entrare tutti e di tutto, e inevitabilmente anche individui della peggior specie. Le statistiche sul numero di immigrati che delinquono parlano chiaro. Certo, chi ruba per fame è da compatire, ma anche il derubato ha tutto il diritto di chiedere di essere tutelato. Ma le violenze, il traffico di stupefacenti, gli stupri, che giustificazione hanno? Nessuna, e servono solo a far lievitare un sentimento di insopportazione che fatalmente poi fa di ogni erba un fascio. Ci sono cittadini che da anni e anni attendono un alloggio popolare e si vedono superati da immigrati arrivati dopo, perché molti Comuni preferiscono favorire questi ultimi, per evitare problemi di ordine pubblico. Insomma, potremmo andare avanti a lungo ad elencare i motivi di disagio, di attriti, spesso anche di discriminazione, riprovevoli certamente, però generati non da un razzismo, ma piuttosto da anni e anni di faciloneria buonista, che alla fine hanno creato solo danno, sia per gli italiani, sia per gli stranieri immigrati.

Tutte le norme sono migliorabili, su questo non c’è dubbio, ma è anche facile fare della polemica generica, senza guardare alla vera sostanza del problema, e senza avere proposte alternative valide e realizzabili.

Ma, ciò detto, riflettiamo sul sistema usato per innestare questa polemica che, ribadisco, è fatta in modo superficiale e un tantino irresponsabile.

Vogliamo lasciar stare il presepe, per favore? Certo, il presepe non è un dogma, non è un brano di liturgia, non è tante cose. Ma è così radicato nella nostra tradizione, che volerlo usare per lanciare i propri messaggi di confusionismo politico-buonista è, mi si consenta, una vigliaccata. E ho usato la parola “politico” perché chi ha avuto la brillante idea agrigentina non può certo ignorare che il problema è fonte di polemiche politiche, dove l’ultima cosa che interessa è la tutela delle persone, e la prima cosa che preme è invece dimostrare che l’avversario è cattivo, razzista e, perché no?, fascista.

Lasciamo stare il presepe. È la rappresentazione della natività di Nostro Signore, e non per nulla l’inventore del presepe è San Francesco, “tra gli uomini, il più simile a Cristo”. E ai tempi di San Francesco forse non esistevano ingiustizie? Eppure lui volle rappresentare la natività, solo la natività, perché quella era la salvezza dell’uomo. Da lì deriva tutto. La Verità incarnata è la risposta al dramma umano, alla nostra incapacità di fare del bene. Se realmente seguiamo la Parola di Nostro Signore, ogni problema può avere una soluzione. “Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

Passeranno le leggi, se ne faranno altre, forse tra cinquant’anni l’Europa sarà per lo più di razza nera, chi lo sa? Ma non passerà mai la Sua parola, non passerà mai quell’incanto e quello stupore che ogni anno ci prende guardando il presepe. E nel presepe i Magi sono irrinunciabili, perché ci ricordano che la sapienza umana trova finalmente il suo compimento nella contemplazione di un bimbo. Quello stesso bimbo, davanti al quale si inginocchiarono i pastori perché nella semplicità del loro cuore sapevano di essere davanti al miracolo di Dio che si fa uomo. Quello stesso bimbo davanti al quale si inginocchiarono i Magi, i sapienti che sapevano leggere i movimenti delle stelle e che affrontarono un lungo viaggio, per dare finalmente un senso alla loro sapienza, che li aveva condotti a contemplare la Salvezza.

Ma al nostro tempo si direbbe che si sia conservato solo il messaggio di Erode, che fece molti meno morti innocenti di quanti non ne faccia quotidianamente il crimine abominevole dell’aborto, trasformato in “diritto”.

No, signori Direttore della Caritas e Arcivescovo di Agrigento. Con tutto il dovuto e filiale rispetto, permettete che vi dica di lasciar stare il presepe. Non ho motivo di dubitare della Vostra buona fede. Ma come si può lanciare un messaggio di carità facendo scempio della rappresentazione stessa della Verità, che non è nelle nostre leggi, sempre fallibili, ma è incarnata in Nostro Signore? Siete ancora in tempo, restituite i Re Magi al presepe e lasciate ad altri polemiche fatte in modo così superficiale. È dovere di ogni cristiano vivere e testimoniare la carità ogni giorno, non per “sua” bontà (siamo così poco capaci di fare del bene!), ma perché ha avuto la Grazia di incontrarla: solo da qui può partire la lunga strada per costruire una società umana e giusta.


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