di Antonio Gaspari
tratto da ZENIT - agenzia di notizie - 27 gennaio 2010
Ha destato scalpore la lettura della 'Relazione di consulenza tecnica medico-legale', relativa alla morte di Eluana Englaro, fatta dal gip di Udine in occasione della seduta in cui ha de finitivamente stabilito che il tut to è avvenuto “regolarmente”.
Nella relazione vengono riportate le note dell’équipe del dottor Amato De Monte che sedeva accanto a Eluana e registrava di ora in ora gli “elementi indicativi di sofferenza”.
Come ha riportato Lucia Bellaspiga sulla pagine di Avvenire (14 gennaio 2010) si tratta di un rapporto “meticoloso”, in cui è descritta l’agonia di Eluana.
La relazione è agghiacciante non solo perchè mostra che Eluana mostrava segni di evidente e solida vitalità, ma soprattutto conferma l’atroce sofferenza a cui è andata incontro morendo di sete.
Intervistata da ZENIT la dott.ssa Chiara Mantovani, Vicepresidente nazionale per il Nord Italia dell'Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), ha osservato che l’articolo pubblicato da “Avvenire” “avrebbe dovuto scatenare polemiche, cortei, manifestazioni pubbliche e scioperi della fame. Invece, niente”.
“Neppure di fronte al racconto discreto ma agghiacciante della morte di Eluana – ha affermato –, neppure davanti a frammenti di cronaca in differita che muovono lo stomaco, si è mosso chicchessia, nessun profeta della morte pietosa si è indignato per come è morta
“Neppure – ha aggiunto – quando si viene a sapere ufficialmente che in Emilia Romagna ci si fa un baffo delle regole per la somministrazione, così che l’aborto è diventato davvero un fatto privatissimo e clandestino – nel senso che non ha diritto di cittadinanza nelle preoccupazioni sociali ed etiche –, neppure allora qualcuno si sente in dovere di chiedere scusa”.
Per
In merito alla vicenda della Englaro la dott.ssa Mantovani ha sottolineato i fatti contenuti nella 'Relazione di consulenza tecnica medico-legale' e cioè: “Eluana non presentava un fisico minato, si è lamentata fino a che ne ha avuto la forza, e il modo di nutrirla non poneva problemi medici”.
“Evidentemente – ha argomentato l’esponente dell’AMCI - i problemi erano di altro tipo, stavano (e restano) nello sguardo con cui ci si rivolge a persone come lei: scomparsa per sentenza la compassione che ha generato in due millenni l’assistenza ai bisognosi, negata la dignità senza condizioni per ogni essere umano, subordinato il diritto di vivere al desiderio proprio o di altri, non ci si può meravigliare se ci guardiamo reciprocamente con sospettosi criteri di efficienza”.
Inoltre ci sono anche dati tecnici che “inquietano” ed in particolare la “mezz'ora tra il decesso e la registrazione dell'elettrocar diogramma” giustificata come un “ritardo dovuto alla difficoltà di reperimento del lo strumento”.
A questo punto
“Forse sì – risponde -, perché sembra che un sottile e insapore veleno sia stato messo nell’acqua potabile: l’indifferenza e la presunta pietà (così la chiamava Giovanni Paolo II, nella Preghiera per la vita) conducono alla stessa irragionevole persuasione, che se non sei viva secondo i parametri dell’efficienza e della bellezza e della comunicazione, non sei davvero viva”.
“Non c’è rimedio ad un tale avvelenamento della ragione (quella che interroga obiettivamente i fatti e ne trae conseguenze e assume responsabilità anche quando costano) - ha aggiunto
E allora, ha concluso, “facciamo il possibile per accorgerci del reale prima che ce lo raccontino i certificati di morte”.