DIALOGHI CON L'ALIENO - LA PATENTE


Il nostro Giovanni Lazzaretti si incontra spesso con un alieno, che vive su un pianeta in cui, a quanto pare, i problemi non sono molto diversi dai nostri...


Caro Direttore,

ieri ho incontrato l’alieno e mi ha raccontato una storia. Anche al suo paese, per guidare l’auto, ci vuole la patente…

“…e il percorso per ottenere la patente è sempre stato lungo, difficile e dispendioso. Ma eravamo abituati, e nessuno si lamentava. A un certo punto qualcuno cominciò a dire che era un percorso troppo lungo, troppo difficile, troppo dispendioso.”

“Beh, lamentarsi è lecito.”

“Già. Ma poi qualcuno passò dai lamenti ai fatti, e iniziò a guidare senza patente”

“Avranno preso delle belle multe, immagino.”

“All’inizio sì. Ma i mass – media avevano cominciato a formare una mentalità. Cominciarono a dire che in fondo gli incidenti capitavano anche a chi aveva la patente…”

“Certo! Ma ci sarà pur stata una qualche statistica…”

“A me lo vieni a dire?!? La statistica è il mio pane! Gli incidenti capitavano molto più di frequente a chi era senza patente, ma la mentalità comune cominciò a non tenerne conto. ‘Capita agli uni e agli altri’, questa era la frase a sentimento che circolava. Gli agenti di polizia cominciarono a fingere di non vedere e i senza patente cominciarono a proliferare.”

“Immagino che nessuno avrà più preso la patente.”

“Al contrario. La stragrande maggioranza delle persone continuò a sottoporsi al percorso lungo, difficile e dispendioso. Credevano nel valore della patente. A un certo punto intervennero i politici…”

“Meno male!”

“Aspetta a dirlo. Intervennero e cominciarono a dire che bisognava tener conto del fenomeno dei ‘senza patente’, e bisognava istituire i registri delle ‘patenti di fatto’. Chi si iscriveva ai registri veniva trattato come i patentati.”

“Questa è buffa. Immagino che i registri si saranno riempiti subito.”

“Al contrario, rimasero vuoti. Iscriversi era comunque una piccola seccatura, e bisognava poi ricordarsi di tenere in tasca l’attestato d’iscrizione. Perché iscriversi, se il non iscriversi non comportava sanzioni?”

“I registri sono rimasti vuoti…”

“Proprio vuoti, no. Si iscrissero gli ideologi del movimento, tanto per dire a tutti ‘Abbiamo vinto’.”

(L’alieno ha un attimo di sosta e mi dà il tempo per pensare.)

“Si saranno iscritti anche quelli strutturalmente impossibilitati a prendere la vera patente!”

“Bravo! Vedo che ragioni a filo. Bella espressione: ‘strutturalmente impossibilitati a prendere la vera patente’: ti sarà facile immaginare di che persone si tratta”.

“E così voi avete: 1) le persone che si assumono per dovere morale l’onere del percorso di vera patente, pur capendo che non c’è più l’obbligo 2) un registro di ‘patenti di fatto’ composto da persone ideologizzate o strutturalmente impossibilitate 3) e quelli che non vogliono vincoli e guidano come gli pare.”

“E’ così!”

“Ma non avete pensato che il tutto si poteva risolvere con piccoli aiuti? Se le persone erano in grande maggioranza indotte a prendere comunque la normale patente, bastava aiutarli defiscalizzando i costi, o concedendo permessi sul lavoro a chi doveva seguire i corsi.”

“Banale, eh? Ma i nostri politici non ci arrivano.”

“I vostri politici sono dei veri…”

Stavo per dire una parolaccia. Mi sono fermato in tempo. Mi è venuto in mente che i nostri politici pensano e agiscono così su un tema ben più grave e importante della patente. Pensano e agiscono così sul matrimonio e sulla famiglia. Nessun aiuto a chi vuole costruire la famiglia, società naturale fondata sul matrimonio; strade spianate a chi vuole vivere senza regole.

E’ vero che i DICO della Bindi rimasero fermi a proposta di legge. E’ vero che i DIDORE di Brunetta e Rotondi sono solo una proposta. Ma in Emilia Romagna Vasco Errani ha creato i “DICO alla bolognese” e noi siamo stati zitti: non c’è stato un Family Day emiliano per fermarlo.

“E’ una norma antidiscriminatoria”, dicono. Strane idee: dare diritti uguali a chi non vuole assumersi i doveri sarebbe “antidiscriminatorio”? E’ discriminatorio per noi, che i doveri ce li siamo assunti tutti.

Un caro saluto

Giovanni Lazzaretti



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ITALIA, EX PATRIA DEL DIRITTO



di Paolo Deotto


C’era una volta la Patria del Diritto. Ma c’era. Ora, con costanza degna di miglior causa, si fa di tutto per instaurare un singolare sistema, in cui la legittimità è sacra laddove fa comodo, altrimenti si passa alla vecchia, cara, sbrigativa Legge di Lynch.

Guido Bertolaso: non ne abbiamo scritto “a caldo” volutamente. Bisognava dar tempo al tempo e infatti sono bastati pochi giorni perché iniziasse a palesarsi l’ennesima buffonata, oltretutto con quella spruzzatina di sesso che ormai è diventata un’idea fissa nei procedimenti politico-giudiziari. Si, ho scritto proprio “politico-giudiziari” perché è quantomeno ipocrita continuare a far finta di credere alla netta, indiscutibile, separazione dei due mondi. Né ciò vuol dire che io accusi i magistrati di agire per militanza politica, anziché per giustizia. Semplicemente, limitandomi a una pura osservazione degli eventi, vedo troppi procedimenti che vanno a incidere sulla politica, e, in genere, senza nulla concludere, perché non c’è nulla da concludere. Dalla tragicommedia di “Mani Pulite” (non ho mai capito con quale tipo di sapone…), all’operato di un ex (grazie al Cielo) magistrato come il signor De Magistris, che è riuscito a comparire su giornali e televisioni, senza che una, dicasi una, delle sue inchieste abbia portato a un giudizio, la nostra cronaca è piena di magistrati “star”, che si fanno una notorietà con inchieste che riguardano grossi nomi. Il fatto che poi queste inchieste abbiano, o meno, fondamento, sembra divenuto del tutto secondario.

Ciò detto, torniamo a Bertolaso. A un certo punto scopriamo, visto che la cosiddetta privacy esiste solo per utenti selezionati, che uno degli uomini più amati d’Italia, che ha risolto tragiche emergenze, che ha organizzato la Protezione Civile con una efficienza che ci viene riconosciuta nel mondo, è un corrotto o forse un corruttore, o forse tutti e due, e oltretutto è uno sporcaccione. Il filone della corruzione viene, in pochi giorni, quasi dimenticato, e i cosiddetti “media” possono lanciarsi con fremente gioia sull’immancabile filone del sesso.

Ora, non ci sarebbe nulla di cui stupirsi se qualche dipendente di Bertolaso avesse approfittato di situazioni di emergenza per intascare bustarelle. La corruzione è purtroppo un male inestirpabile. E allora si potrebbe imputare a Bertolaso di avere esercitato una scarsa vigilanza sui suoi sottoposti. Ma proviamo a guardare un altro fatto: il responsabile della Protezione Civile si è trovato ad affrontare, e soprattutto a risolvere, emergenze drammatiche, e lo ha fatto con una velocità che era impensabile in questa Italia che riusciva a tenere per anni i terremotati nei container, o che era riuscita a trasformare Napoli in una pattumiera a cielo aperto. In queste situazioni è più che comprensibile che l’urgenza venga prima di tutto, e se qualche dipendente infedele ha tradito la fiducia, è giusto che paghi.

Ma solo degli incoscienti, che dell’Italia se ne fregano, possono continuare a chiedere le dimissioni di Bertolaso. Solo in base a un “avviso di garanzia” un uomo prezioso, che ha svolto un’opera impagabile, dovrebbe andarsene?

A parte la presunzione di innocenza, altro pilastro del diritto, ma valido solo quando fa comodo, a parte la sconcertante facilità con cui si danno in pasto alla stampa e alla televisione notizie riservate, a parte tutto ciò, solo chi è completamente ipocrita può agitarsi per un “avviso di garanzia”. Un avviso di garanzia è merce che ormai non si nega a nessuno. Nato appunto come garanzia per l’indagato, è divenuto ormai la graticola su cui cuocere gli avversari. Un Di Pietro, altro per fortuna “ex” magistrato, sulla base di un avviso pretende le dimissioni di Bertolaso. E, ciò che è più grave, Bersani (che in altre occasioni aveva dato dimostrazioni di buon senso) fa subito sua, e del partito (o presunto tale) che rappresenta, questa richiesta assurda. Una sinistra alla canna del gas è sempre più in mano ai giustizialisti ipocriti, agli esagitati da TSO della distruzione dell’avversario. Completamente priva di un progetto politico e di un’identità, la sinistra campa solo sulla lotta a Berlusconi. E un uomo come Bertolaso, che non è un politico, ma è anche la miglior espressione di un modo di far politica efficiente, spiccio se occorre, ma volto a risolvere i problemi, potrebbe essere la vittima ideale. Dico “potrebbe” perché Berlusconi ha respinto le dimissioni, né Bertolaso sembra disposto a farsi infangare.

Ma quando questa ennesima buffonata sarà finita, chi risarcirà Bertolaso? Nessuno, perché, e questa è davvero una piaga nell’ex Patria del Diritto, il magistrato è l’unico impiegato statale che sa di agire nella totale impunità. Né voglio, lo ribadisco, immaginare una intenzionalità nel colpire Tizio o Caio per ragioni che non siano di giustizia. Ma esiste anche l’atteggiamento colposo, quello la legge definisce causato da “imperizia, imprudenza o negligenza”. Ed è davvero arduo non vedere almeno l’imprudenza nel gettare fango su un galantuomo, così come non è difficile vedere negligenza nella allegra diffusione di notizie dalle Procure.

Ormai è difficile distinguere tra ANM e CSM. La prima è una semplice associazione, il secondo un organo istituzionale. Ma entrambi si sono arroccati in una assurda difesa dei privilegi di casta, che non fa che danneggiare l’immagine della magistratura e la fiducia dei cittadini nella Giustizia. Prima di agitarsi per un attentato alla indipendenza della magistratura, sarebbe bene ricordarsi che l’indipendenza non è arbitrio. Prima di gridare alla catastrofe della Giustizia, sarebbe bene riflettere che un ddl che prevede come durata massima di un processo sei (dicasi SEI) anni è una garanzia di civiltà per tutti, che non può che giovare anche al prestigio dei magistrati. E di fronte al diluvio di intercettazioni telefoniche, sbandierate al pubblico, non giova davvero al prestigio della magistratura il gran lamento per il tentativo di limitare il ricorso a questo mezzo di indagine, con allarmi del tipo: “si distrugge la possibilità di indagine!” et similia. Pochi giorni fa un illustre giurista, esperto della procedura penale vigente negli Stati Uniti, mi spiegava che in quel Paese le intercettazioni possono essere ammesse in Tribunale solo a supporto di prove concrete e reali, in base alle quali si chiede l’incriminazione dell’indagato. Un processo che nasca da attività di intercettazioni è semplicemente impossibile, vietato dalla legge.

Certo, bisognerà lavorare di più…

E una sinistra che voglia recuperare un minimo di faccia dovrebbe rendersi conto che in Italia il semplice cittadino è ormai totalmente sfiduciato nei confronti della Giustizia. I tempi biblici dei processi, contrapposti alla fulmineità con cui si aprono inchieste su personaggi famosi, che procurano notorietà, fanno sì che nella giustizia civile si ricorra sempre più all’arbitrato, mentre nel penale tantissimi reati cosiddetti minori (ma minori fino a un certo punto per chi li subisce) non vengono nemmeno più denunciati. Tanto, dice il cittadino qualunque, a che mi serve fare la denuncia? E allora una sinistra che davvero avesse a cuore il bene del Paese si porrebbe seriamente in dialogo con la maggioranza, perché il disastro della Giustizia è sotto gli occhi di tutti, perché un Paese che non ha più fiducia nella Giustizia è un Paese in dissolvimento.

Ma l’opposizione ormai soffre di un delirio sistematizzato: ciò che promana da Berlusconi e dal suo governo è da distruggere. Tutto il resto non esiste, soprattutto non esiste l’Italia, e il suo bene.

E intanto una Giustizia allo sbando da spazio ai deliri di un Ciancimino che riferisce ora (come mai non lo ha fatto prima?) che il suo babbino, morto da diversi anni, gli raccontò che Forza Italia era nata da un accordo tra lo Stato e la mafia. A parte che ciò vorrebbe dire che la mafia si accordò con Ciampi e Scalfaro (che rappresentavano lo Stato quando nacque Forza Italia), resta il fatto che nella Patria del Diritto non si sarebbe nemmeno accettata una “testimonianza” completamente estranea all’oggetto del processo in corso. Ma ormai siamo nella ex Patria

Poteva mancare il commento del Di Pietro, giubilante nell’affermare che “loro” l’avevano sempre detto? Di Pietro ha tutto il diritto di sgranare i numeri del Lotto. Il tragico è che questo personaggio abbia ascolto e credito nell’opposizione. E un Paese sano avrebbe bisogno di una opposizione seria, che sapesse elaborare, se necessario, un progetto politico alternativo, non di una mandria di forcaioli che giudicano e condannano sulla base di avvisi di garanzia o sulla base dei racconti a babbo morto di un figuro figlio di un figuro.

La situazione è più che drammatica, è perfettamente inutile nasconderselo. Nessuno è autorizzato a dire che gli ultimi eventi giudiziari siano stati “voluti” proprio adesso, ma il tempismo con la campagna elettorale per le amministrative, che rischiano di essere un massacro per la Sinistra, non può che sconcertare. Questo Paese ha bisogno di Giustizia seria e di opposizione seria. Ha bisogno di pubblici impiegati che abbiano a cuore principalmente lo svolgimento del loro dovere, lasciando lavorare in pace i galantuomini che finora non hanno fatto che del bene al Paese.

Chi sarà il prossimo? Maroni? O Brunetta? O Tremonti? Ai posteri l’ardua sentenza.

PS: non mi sono soffermato sulle interessanti disquisizioni circa l’attività sessuale di Bertolaso. Questa furia di indagini sessuali inizia sinceramente a darmi la nausea.


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GOMEZ DAVILA, UN PITIGRILLI SENZA SORRISO



di Piero Vassallo

Per disegnare l’idea di una destra ispirata ai veri princìpi cristiani è necessario considerare il fondamento reazionario, sul quale regge sia l’assolutismo antico che il totalitarismo moderno.

Il contributo decisivo, che Francisco Elias de Tejada ha dato allo sviluppo dell’autentico pensiero di destra, consiste, infatti, nella confutazione e rimozione del fuorviante pregiudizio, diffuso dalla cultura di stampo massonico, che suggeriva la medicina assolutista (e “ghibellina”) quale rimedio al totalitarismo.

Altro è il codice genetico della destra. L’espressione “destra”, infatti, è usata per la prima volta alla fine del XVIII per significare la collocazione degli oppositori alla secolarizzazione del clero, programmata da quella rivoluzione giacobina, che aveva portato alle conseguenze estreme il progetto dell’assolutismo borbonico inteso a separare la Chiesa di Francia dal Papato, per poi asservirla al potere regio.

Altro che alleanza del trono e dell'altare. Quando si evita il tranello delle ricostruzioni anacronistiche, è legittimo sostenere, con De Tejada, che la destra moderna ha un'ispirazione “guelfa”.

La destra delle origini si opponeva al partito rivoluzionario, che riprendeva ed esasperava il programma dell’assolutismo gallicano, inteso a contrastare il papato e ad usurparne il potere.

Non a caso il movimento dei “Viva Maria!” nasce in Toscana in opposizione alla politica “gallicana” del Granduca (assecondato dal vescovo di Pistoia Scipione de' Ricci, che in seguitò aderirà al partito filo-giacobino).

La vera destra, pertanto, combatte la rivoluzione anche o sopra tutto per i suoi non trascurabili aspetti codini e reazionari e rifiuta l’illusoria “reazione” perché il cuore antico, “ghibellino”, del pensiero in parrucca e grembiule - la supremazia del potere secolare sul potere spirituale – si rovescia spontaneamente nella rivoluzione laicista.

Capire l’origine della vera destra significa uscire dai dogmi della volgata storiografica, che un tempo si diceva progressista, e però riconoscere che l’ispirazione cristiana della politica è la sola alternativa al nodo illiberale costituito dalla convergenza dell’assolutismo antico nel totalitarismo moderno (ultimamente trasformato in “totalitarismo della dissoluzione”).

In definitiva: in età moderna il pensiero della vera destra comincia quando sono evidenti la sotterranea parentela di gallicanesimo e giacobinismo e il prolungamento dell’assolutismo nella rivoluzione totalitaria.

A destra non tutti hanno chiara la continuità dell’errore assolutista nell’errore totalitario e perciò alle “mani sapienti” risulta facile seminare le suggestioni che fanno prosperare le idee ultime della modernità nel campo acritico della nostalgia reazionaria.

Nei settori meno intelligenti e avveduti della destra reazionaria si assiste, ultimamente, alla paradossale e sconcertante esplosione di un nichilismo arbitrariamente intitolato all’Antimoderno.

Il nichilismo reazionario, nato nello “splendore” profano del boudoir, tra nobili parrucche e spietati frustini, ultimamente fluttua nei gemiti elegantemente spirituali, stampati sui cartigli color pastello, che la casa surrettizia Adelphi (nomen massonico omen) produce in concorrenza ai dolci sospiri di un cioccolatiere perugino.

L’involuzione spiritualista è un destino, in marcia con il pensiero del nulla dopo che il “flaneur” Nietzsche ha sollevato le carnali dissolutezze sadiane agli astratti voli di Dioniso.

D’Annunzio fece un passo avanti nella direzione dell’esito tombale, celebrando l’amor profano con i sacri paramenti neri. Guido da Verona cantò l’estenuazione totale del dannunzianesimo. Infine uno spiritista degli anni tardi esplorò (a tavolino) i territori dell’oltretomba.

Solo gli anziani ricordano l’antefatto dell’avventura adelphiana: negli anni Trenta, godette di prestigio mondano un freddurista torinese, che firmava, con uno pseudonimo squillante, Pitigrilli.

Scosso da un perpetua ridarella, che gli impediva di prendere sul serio l’esplosione della quisquilia nella filosofia, il freddurista era capace di scrivere duecentoquaranta pagine per dimostrare, in immaginario dibattito con la regina Elena, che il pollo non si porta alla bocca con le mani ma con la forchetta elegante e virtuosa.

Inoltre Pitigrilli pubblicava saggi e racconti di varia intrepidezza esoterica, ad esempio “Cocaina”.

Nel secondo dopoguerra Pitigrilli, ammosciato dalle personali disavventure, si convertì allo spiritismo da tavolino e, anticipando il mistico successo del mago torinese Rol, di Elémire Zolla e di Roberto Calasso, si diede alla scrittura di articoli medianici, in bilico tra piste di cocaina e polli in punta di forchetta.

(Per gli eventuali curiosi e/o studiosi di cose bizzarre e stravaganti si rammenta che negli anni Cinquanta gli articoli pitigrilleschi apparivano ogni mercoledì nelle pagine romane della “Tribuna illustrata”).

Il cerchio nichilista finalmente si chiude. Pitigrilli dopo Pitrigrilli, e dopo Pitigrilli il contraffatto spiritualismo: pubblicato dall’immancabile Adelphi, è diffuso in Italia, “In margine a un testo implicito”, il capolavoro del colombiano Gómez Davila.

A comando (iniziatico?) il parco degli scriteriati di destra mette il naso di cartone e giubila. L'autore del catechismo neoreazionario “De Rege”, in quarantasette colonne di piombo neodestro, almanacca un tortuoso calendario di mistici viaggi da una costa dell’Atlantico all’altra. Alla fine dell’andirivieni è annunciata la dottrina del Terzo Millennio: ex Bogotà lux.

Nella destra di Gianfranco Fini si presenta una triade senza guinzaglio: l’allucinazione mistica (lux), i viaggi nell’auto-inganno e i viatici colombiani.

Ad ogni modo l’autore di “De Rege” spiega che la dottrina del colombiano, volante da un oceano di saggezza all’altro, è costituita da pensieri brevi e folgoranti (nel testo si parla – con terminologia quasi farmaceutica - di “corroborante ed energetico spirituale”) a margine di una monumentale (trentamila volumi) biblioteca.

Biblioteca monumentale senza dubbio. Pensieri corroboranti ed energetici lo dice il dietista. Chi si esalta con l’apologia demaistriana del boia può esultare anche col prodotto della cultura colombiana. Ma spirituale?

Gómez Davila è un Pitigrilli senza sorriso, un fine dicitore che si è fermato alle soglie medianiche dello spiritismo. I suoi aforismi sono goffe metafore abbaiate in un trombone di latta.

Ad esempio: “Dopo aver screditato la virtù, sentenzia il dotto colombiano, questo secolo è riuscito a screditare anche i vizi. Le perversioni sono diventate parchi suburbani frequentate in famiglia dalle moltitudini domenicali”.

L’immagine è dettata dall’aristocratico disprezzo per la plebe (“la presenza politica delle moltitudini culmina sempre in un’apocalisse infernale” si legge in un altro prezioso aforisma) e dall’ammirazione per i godimenti controrivoluzionari, che si consumano nei giardini esclusivi dell’oligarchia (“Tra i moderni succedanei della religione forse il meno abietto è il vizio”).

Sugli aristocratici succedanei della religione non ci sono dubbi. L’agitìo dei frustini si vede ad occhio nudo. Ma dove si trova la spiritualità?

Nel testo gomezdaviliano appaiono anche ossimori tragicomici, da recitare con la mascella contratta dallo spasimo.

Ad esempio: “Grande scrittore è quello che intinge in inchiostro infernale la penna che strappa dall’ala di un arcangelo”. Passi la stupidità del paragone. Passi il fracasso retorico. Ma chi è l’arcangelo spennato? L’autore del “De Rege”? E il grande scrittore? Fabio Granata? Alessandro Campi?

Dopo gli ossimori il colombiano sciorina pensieri acrobatici, che procurano i brividi del salotto laico di Fini: “Chiamiamo filosofia la logica del discorso che ha per tema l’assurdo. … Dio è la condizione trascendentale dell’assurdità dell’universo. … Dio stesso è l’autore di certe bestemmie”.

Nessun cioccolataio svizzero mescolerebbe i suoi prodotti con simili cascami del repertorio pitigrillesco.

La destra reazionaria, invece, attribuisce al pensatore colombiano la carica ideale di ammiraglio della fede reazionaria, che ritorna in Europa dopo il bagno nella luce di Bogotà.

Tanta ingenuità ha una spiegazione. Infatti l’editore di Gómez Davila è quel Roberto Calasso, che, nelle pagine del quotidiano illuminista “Repubblica”, Pietro Citati, adulatore vaselinoso e scodinzolante, definisce “belva morbida sinuosa, pericolosa, insidiosa … che insegue e odora dovunque … un gatto che con piccoli, tenui colpi di zampa attrae i suoi topi, le sue vittime” (Repubblica, 16 maggio 2001, pag. 49).

Le vittime-topi sono gli intellettuali di Fini, che in un paesaggio terremotato leggono i libri adeplhiani.

Sospendiamo il giudizio sull’immaginazione di Citati: belva morbida e sinuosa potrebbe essere la cantante Milva (detta, per l’appunto, pantera di Goro) piuttosto che il solenne e cupo Calasso. Le parole di Citati tuttavia interrompono il sogno reazionario: lo separano dalla figura dell’angelo spennato per precipitarlo in quella del topo squittente tra le zampe della belva morbida e sinuosa.

Milva o Calasso? Belva o gatto topicida? Il dilemma è insolubile. I corni del dubbio metamorfico si rovesciano sulla scolastica finiana: arcangeli o topi?

Dubbio a parte, nessuna immagine saprebbe definire con maggiore forza comica il dialogo dell’alta scuola iniziatica con gli apprendisti stregoni e gli arcangeli scapigliati a destra.


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GUENON, LA MASSONERIA COME AVANSPETTACOLO


di Piero Vassallo



Eroe nella rovinosa guerra massonica contro il senso comune, René Guénon (1886 – 1951) appartiene alla storia del soggettivismo rovente e incontrollato.

La sua biografa, Marie France James, ne descrive la personalità posseduta “da un bisogno ossessivo di essere il primo … doveva vincere in tutti i campi … il suo temperamento era caratterizzato da nervosismo e sensibilità esasperata, alle quali si aggiungevano l'instabilità, l'impulsività e l'irritabilità … a tutto ciò bisogna aggiungere una suscettibilità esagerata e una forte sensualità” (cfr. “Esoterisme et christianisme autour de René Guénon”, Nouvelles Editons Latines, Paris, 1981).

L'instabilità emotiva e il narcisismo fecero di Guénon un uomo più adatto all'avanspettacolo che alla scienza. Egli infatti, acquistò fama a margine dei circoli teosofici (fondati dalla convulsionaria Elena Blawatskji) recitando, in spettacoli d'intrattenimento per signore tardo romantiche, la parte del vescovo autocefalo di una chiesa gnostica da lui fondata.

La fama di Guénon crebbe al seguito del successo strepitoso ottenuto dal romanzo esoterico “Bestie uomini e dei”, resoconto del viaggio immaginario di Ferdinand Ossendowski nell'oriente delle meraviglie ariane.

Ossendodowski, affiliato a una conventicola di occultisti, che praticavano assiduamente ginnastiche contro natura, narrava le sue sbalorditive e mirabolanti avventure nella città di Agharthi, l'Arcadia sotterranea dei mistici tibetani.

Guénon approfittò del clamore destato da Ossendowski nel pubblico degli evasionisti, per spacciare le sue carnevalesche dottrine in lucrose conferenze, organizzate per soddisfare il vuoto lasciato dall'apostasia.

Le grottesche conferenze su Agarthi, raccolte nel volume “Il Re del mondo”, sono il fondamento della ateologia mistica sviluppata da Guénon.

Disgraziatamente la leggenda intorno ad Agarthi dilagò dal palcoscenico spiritato alla Germania “ariana”, dove ispirò viaggi “scientifici” dei ricercatori nazisti in India.

Alcuni autorevoli studiosi hanno dimostrato la connessione delle fantasticherie di Ossendowki e Guénon con le elucubrazioni intorno alla “superiore” razza ariana.

Louis Pauwels ha addirittura deefinito il nazismo “guénonismo realizzato dalle divisioni corazzate”.

Rilanciato da alcuni intellettuali usciti dalle macerie del socialismo reale, Guénon è diventato rispettabile negli anni Ottanta e perciò degno di far parte delle biblioteche scintillanti del salotto buono, fra i testi di Nietzsche e le omelie di Scalfari.

La riflussa gloria e il dotto incenso degli intellettuali à la page, tuttavia, non bastano a far dimenticare la comica origine del guénonismo e il suo non occasionale passaggio nel sottosuolo dell'Europa irrazionalista e anticristiana. Sottosuolo ripulito e addobbato da prestigiosi architetti, ma sempre infrequentabile e osceno.



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CONFUSIONE - LETTERA APERTA AL DOTT. VITTORIO FELTRI


di Paolo Deotto








Caro dottor Feltri,

Le scrivo da lettore della prima ora del Giornale. È difficile scordare come, anni orsono, il Corrierone si fosse trasformato in una succursale dell’Unità e Indro Montanelli se ne andò con un gruppo di colleghi, fondando Il Giornale, che fu per lungo tempo l’unica voce non conformista nel panorama della stampa. Ricordo queste cose perché Il Giornale ha un posto importantissimo nella Storia nazionale, è sempre stato la voce di quanti non si riconoscevano in un grigiore intellettuale ammorbato dal desiderio servile dell’omologazione. E ora, da lettore fedelissimo penso di poterle esternare tutta la mia perplessità di fronte a un finto aperturismo intellettuale, che invece si trasforma, ahimé, in un appiattimento alle mode correnti.

Partiamo dalla signora Polverini, che ha tutto il diritto di dire ciò che vuole, ma pretende di unire questo diritto al fatto di proporsi come candidata del PdL per il Lazio. Se la signora Polverini è abortista, se vuole parificare le coppie di fatto a quelle sposate, liberissima di farlo. Ma, a parte che mi sembra che sia un po’ confusa, credo che non abbia ben chiaro che si rivolge a un elettorato moderato, fondamentale tradizionalista, anche se non necessariamente cattolico. Vedremo al voto che accadrà, se un disastro intellettuale e morale come la signora Bonino sarà sufficiente a garantire i voti a una destra che, ad essere generosi, mostra quantomeno un po’ di confusione.

Orbene, sul Giornale del 3 febbraio leggo un articolo di Giordano Bruno Guerri che comunica tutto il suo entusiasmo per questa “apertura in fondo così moderata”, liquida tout court come “estremisti” quanti si riconoscono nella difesa di Dio-Patria-Famiglia. poi, sullo slancio, si fa prendere dall’entusiasmo e si lancia anche in un’analisi delle caratteristiche del cattolico “moderno”, non senza aver fatto l’eccezionale scoperta che il voto cattolico è frazionato. Ma seguono altre eccezionali scoperte, fatte con un sistema di assiomi degno (mi si perdoni) dello specialista in omelie, Mons. Eugenio Scalfari. Apprendiamo che il cattolico non è più come una volta, si, vabbè, crede in Dio, ma non è più tanto sicuro che la parola di Dio venga necessariamente dal Vaticano o dal parroco. Tant'è che addirittura ci sono cattolici favorevoli all’eutanasia, e che comunque credono in un Dio misericordioso che alla fin fine perdona… Eccetera.

Teniamo un attimo in serbo questo discorso, per venire a un altro punto, solo in apparenza non pertinente.

Sul Giornale del 6 febbraio leggiamo un articolo di Alessandro Cecchi Paone che comunica con gioia una notizia che l’Italia attendeva con ansia: finalmente, grazie a un “simpatico ex fascistone come Ignazio La Russa” non sarà più interdetto a “gay e lesbiche” l’arruolamento nelle Forze Armate. Il Cecchi Paone, che chiaramente non parla da giudice imparziale, ci fornisce poi una dotta disquisizione sul valor militare già dimostrato nella Storia da tanti omosessuali, sicché ci viene quasi da chiederci come abbiano fatto finora le nostre Forze Armate ad andare avanti, e a fare anche ottime figure nelle missioni all’estero, senza questo apporto, irrinunciabile e prezioso, degli omosessuali. In un crescendo rossiniano di gioia e agitar di borsetta, il bell’Alessandro sottolinea che uno dei migliori eserciti al mondo, quello israeliano “è pieno di gay e lesbiche e ne va fiero”. Pensi un po’, caro Direttore, che io ero ancora convinto, da vecchio sergente di complemento, che un esercito in genere andasse fiero delle proprie vittorie, del valore dei soldati, delle strategie dei comandi. Mi sbagliavo. Un esercito va fiero del fatto di essere “pieno” di omosessuali dell’uno e dell’altro genere. Probabilmente il Cecchi Paone non ha considerato il fatto che un Paese in guerra permanente per la sua stessa sopravvivenza come Israele non può certo andar per il sottile negli arruolamenti. Ma si sa, la mano scrive per sovrabbondanza del cuore…

Ci tengo a specificare: il Cecchi Paone è liberissimo, come chiunque, di essere omosessuale e di gioire perché i suoi omologhi potranno diventare bravi soldatini. Fin qui, nulla da dire.

Il punto è questo, caro dottor Feltri: Il Giornale è da sempre un organo di opinione, non è il bollettino delle estrazioni del lotto o la gazzetta dei concorsi. Il Giornale da sempre rappresenta un elettorato moderato, che è quello che oggi definiamo (finalmente!) “di destra”. Ora, diciamocela francamente: se Il Giornale si fa portavoce di personaggi che dicono le stesse cose che dice una sinistra confusa e alla canna del gas, non crede che stia abdicando alla sua funzione?

Lei, che è uno dei giornalisti più esperti e capaci che abbiamo, sa perfettamente che c’è un abisso di differenza tra lo scrivere: “La signora Polverini ha detto questo e questo”, ed avere una delle proprie firme più prestigiose che tesse l’elogio della signora Polverini, e poi ci spiega anche come sono fatti i cattolici del giorno d’oggi. Sa perfettamente che c’è un abisso di differenza tra lo scrivere: “il signor Cecchi Paone è tutto contento perché le Forze Armate non respingeranno più gli omosessuali”, e invece dar spazio e ospitalità a un convinto entusiasta, non solo teorico, dell’omosessualità.

Si ricorda di quella che, ormai tanti anni fa, si definì “maggioranza silenziosa”? Esiste, esiste eccome, ma per accorgersene bisogna evitare di fare gli stessi clamorosi errori della sinistra, ossia di diventare intellettuali (o presunti tali) che pontificano dai loro comodi salotti, e che ora sono presi dalla smania di mostrare che la destra non è arretrata, tant’è che fa gli stessi discorsi della sinistra. Che bello. Ora siamo tutti uguali. Giordano Bruno Guerri forse non si è accorto di essere divenuto sponsor di quella Rosy Bindi (creata da Dio quando Egli si accorse che il Diluvio Universale non era bastato), la prima a inventare la categoria dei “cattolici adulti”, ossia di quei cattolici formato spray, che, fregandosene delle Parole del Papa, possono far di testa loro e poi fare i cattolici nel momento in cui gli fa comodo. La confusa signora Polverini, e il suo ammiratore Giordano Bruno Guerri, forse dovrebbero chiarire meglio a che serva ormai il matrimonio, viste le posizioni da loro sostenute. È il signor Cecchi Paone non deve proprio chiarire nulla, perché sappiamo benissimo su quale sponda si trova. Ma il Giornale dovrebbe chiarirci se intende aderire a quel fronte del conformismo che stava per far passare un’aberrante legge che addirittura faceva degli omosessuali una categoria privilegiata (vi ricordate la famosa aggravante per “discriminazione sessuale”?).

Certo, sappiamo bene che una parte di destra attende con ansia che Berlusconi si ritiri, o defunga, o si vaporizzi (anche se nessuno ha chiarito chi potrebbe sostituirlo). E intanto va a caccia di consensi con la stessa sicurezza di un viaggiatore che ha perso bussola, orientamento e navigatore satellitare. Il migliore (si fa per dire) esempio di tutto ciò resta il signor Gianfranco Fini, che sono convinto che si unga il torace e la schiena di grasso per poter più lestamente cambiare maglia. Ne ha una collezione completa.

Dicevo, caro Direttore: la maggioranza silenziosa è fatta da quella valanga di italiani che stanno riscoprendo sempre di più che la morale ispirata ai valori cristiani è l’unica che finora aveva dato stabilità alla società. Che ha le tasche piene di disquisizioni sugli omosessuali, sulle lesbiche eccetera, persone che nessuno ha mai perseguitato. Ma è semplicemente ridicolo dire che “sono uguali agli altri”. Che abbiano diritto al rispetto come tutti gli altri, chi lo nega? Ma NON sono come tutti gli altri, sono persone deviate, malate. La maggioranza silenziosa non va a far gazzarre di piazza, perché è fatta di persone che lavorano, che sperano ancora di poter allevare dei figli in modo normale, che faticano tutto il giorno facendo andare avanti questo squinternato Paese, e che non sono “estremisti”, come li definisce il Giordano Bruno Guerri, perché hanno fiducia in Dio, perché amano la Patria, perché amano la famiglia.

La Destra non può essere un “coso” che si contrappone all’altro “coso” rappresentato dalla sinistra. Se la Destra non è portatrice di valori, valori veri e fondati, che ci sta a fare? Chi si contrapporrà ai progetti devastanti che fiorirono nel nefasto Governo Mortadella per distruggere la famiglia (Pacs, Dico e mercanzia del genere)? Chi si contrapporrà alla strage degli innocenti, l’aborto, e al mostruoso progetto di eliminare i più deboli, i più malati, anziché dar loro assistenza e amore, l’eutanasia?

Che bello! Destra e sinistra si incontrano sulle teste degli Italiani, come tedeschi e sovietici nel bel mezzo della Polonia massacrata.

Vede, caro dottor Feltri, la maggioranza silenziosa, dicevo, non ama le gazzarre. Ma va a votare. Io sono milanese, sono un uomo di destra, e ho la fortuna di poter votare per un candidato come Formigoni, che da totale fiducia per la difesa di quei valori in cui credo, e che sono anche quelli (repetita iuvant) che hanno aiutato a costruire una società serena, solidale e laboriosa. Se fossi un elettore laziale, avrei di certo un bel dilemma: se escludo di poter votare una Bonino, che ha le mani macchiate del sangue di tanti bambini ammazzati, come posso però votare una Polverini, laddove questa volitiva donna si mette in concorrenza con la Bonino stessa? O vogliamo emarginare i cattolici dalla politica, affinché non rompano più le scatole? Ma ci rendiamo conto che stiamo parlando dei valori fondamentali della civiltà e della vita?

Qui chiudo, caro Direttore, e comunque auguro al Giornale un radioso avvenire. Dipenderà da Lei, dalle Sue scelte, e Lei è un uomo in gamba. Mi resta solo un quesito finale da proporle: che ci sta a fare Mario Capanna sulle colonne del Giornale? Mah!...



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LEGISLAZIONI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI ABORTO : FATTIBILITA’ E PRESUPPOSTI DI UN NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA ( L. 194/78 )



di Pietro Guerini








Nel numero del 31-12-2009 ho sottolineato come l’azione abrogativa referendaria sia l’unica via praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( sia pur sopravvalutato ) di impopolarità che presentano nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi , in sede di revisione costituzionale :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ora , sottolineata la sostanziale esclusività dello strumento referendario sul piano costituzionale , qual è il quadro legislativo internazionale in materia e come si colloca in tale ambito la legislazione italiana ?

Un’analisi fondamentale ed alla quale comunque , da giurista , non posso sottrarmi .

Sinteticamente e cercando di non essere tedioso , individuerei 8 livelli :

1 ) aborto in ogni caso illegittimo ( Cile , El Salvador , Malta e Stato Città del Vaticano ) ;

2 ) aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della donna ( Irlanda , San Marino , Principato di Monaco , Andorra , Paraguay , Guatemala , Honduras , Venezuela , Filippine e altri ) ;

3 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di stupro della donna ( Brasile ) ;

4 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita , stupro e di pregiudizio per la salute fisica della donna ( Argentina , Ecuador , Costarica e altri ) ;

5 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di pregiudizio per la salute fisica della donna , nei primi 90 giorni solo per stupro , pericolo per la salute mentale e anomalie del feto ( Polonia e altri );

6 ) aborto pressoché libero nei primi 90 giorni , anche per ragioni socio-economiche , limitato successivamente ( Italia , Francia , Germania e altri ) ;

7 ) aborto ammesso per ragioni socio-economiche anche nel secondo semestre ( Inghilterra , Russia e altri ) ;

8 ) aborto pressoché sempre ammesso ( buona parte dei paesi dell’Est Europa , del Nord America e del Nord Europa ) .

A riguardo di tale ultimo livello , vorrei sottolineare che , a differenza di quanto avviene nei paesi orientali del nostro continente , sottoposti nel secolo scorso a decenni di socialismo reale ateista , negli USA ( nazione che conta 127 milioni di cristiani almeno settimanalmente praticanti su 300 milioni di abitanti ) i gruppi pro-life sono molto attivi ed il 50% della popolazione si è recentemente dichiarata favorevole a significativi interventi restrittivi in materia .

Il fenomeno nell’Est Europa è tale che in Russia , addirittura , i 2/3 delle gravidanze si traducono in interruzioni volontarie di gravidanza .

In tale quadro generale , che possibilità e fondamento ha un’azione abrogativa referendaria nel nostro paese , dove in un trentennio dall’entrata in vigore della 194 si sono registrati ufficialmente 5 milioni di aborti ?

Di primo acchito , è duro a morire nell’opinione pubblica il luogo comune secondo cui la L. 194 avrebbe combattuto il fenomeno dell’aborto clandestino , in realtà inalterato ( si calcola che non vi siano mutamenti numerici , 50 000 all’anno , anche perché molti aborti verrebbero praticati oltre il terzo mese senza la ricorrenza dei presupposti giustificativi previsti dall’art. 6 della legge in un clima di lassismo piuttosto diffuso e di assenza di controlli rigorosi ) .

Ma quando si entra nel merito del contenuto della 194 , il distacco tra legislatore e cittadini diventa molto sensibile .

Cito ad esempio un sondaggio Eurispes del 2006 , in base al quale :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere legale l’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , sociali o familiari , come dispone l’art. 4 della legge per i primi 90 giorni di concepimento ;

-il 78% dei nostri connazionali esprime il proprio dissenso a che l’evento abortivo possa essere deciso solo dalla donna , quando l’art. 5 prevede che essa non sia neppure tenuta ad informare della sua decisione in tal senso il potenziale padre , anche se coniugata !

E’ di tutta evidenza che sono cambiate le condizioni rispetto a trent’anni or sono ( tale aspetto verrà da me trattato in modo approfondito nel prossimo articolo ) e che sono maturati i tempi per un’azione decisa contro la normativa vigente .

Un’azione tanto più opportuna in un periodo di particolare stabilità politica come quello attuale, con la sinistra in crisi e diverse formazioni di ispirazione cattolica escluse dalle due coalizioni, libere così di appoggiare con loro spezzoni o singoli esponenti iniziative eticamente sensibili ad apparente rischio di impopolarità come quella in oggetto, senza il timore di compromettere tale stabilità .

Ecco perché il 18-7-2009 , analizzato l’esito dell’elezioni europee , ho pubblicato su www.ladestrabergamo.it un intervento intitolato significativamente “ Una proposta di iniziativa concreta a favore della vita “ , con la quale intendevo per l’appunto farmi promotore di un nuovo referendum abrogativo della L. 194/78 in materia di aborto .

Da tale intervento nacque il 28-9-2009 il sito www.no194.org , il primo sorto con quello specifico obiettivo , nel quale fu riportato il giorno stesso l’originale manifesto dell’iniziativa a firma del sottoscritto che allego nel suo testo storico .

Nella seconda parte di tale manifesto , in particolare e come si può riscontrare , ho indicato gli aspetti procedurali essenziali dell’operazione , in linea con il tenore della legge sul referendum n. 352 del 1970 ( artt. 4 , 7 e da 27 a 40 ) .

Con la costituzione di un sito e di organismi operativi , assume un ruolo centrale sul piano tecnico la formulazione dei quesiti , da riportare da subito sui fogli vidimati che attesteranno le sottoscrizioni dei cittadini (art. 27) .

Un quesito avente come oggetto l’abrogazione dell’intera legge va sicuramente proposto , ma è indispensabile la formulazione di quesiti alternativi , nel fondato timore che il primo non superi il doppio vaglio della Cassazione e della Consulta .

Quesiti che dovranno prevedere , quanto meno , l’abrogazione dei sopra citati artt. 4 e 5 , singolarmente e congiuntamente , oltreché dell’art. 6 .

Il termine iniziale ideale per la raccolta delle firme ( che va effettuata in tre mesi e nel numero di 500 000 ) è stato da me individuato nel 1-3-2010 , affinché si potesse utilizzare un trimestre non estivo ( quindi con una piena capienza delle città ) anteriore al 30-9 , termine entro il quale quesiti e firme vanno depositati avanti la Corte di Cassazione ( art. 32 ) .

Solo in tal caso , la consultazione referendaria si potrebbe svolgere tra il 15-4-2011 ed il 15-6-2011, senza slittare a dopo le prossime elezioni politiche .

Nel prossimo intervento mi soffermerò sui presupposti politici dell’operazione .

Ringrazio sin d’ora per l’attenzione e ringrazio doppiamente chi vorrà aderire all’iniziativa , che rappresenta una vera e propria azione di riscossa cristiana contro l’offensiva laicista promossa anche in Italia negli scorsi decenni a scapito della nostra civiltà ( ispirata , anzitutto , alla tutela della vita ) e , nella fattispecie , dei soggetti più deboli , ridotti ad entità legalmente sopprimibili .

Un’operazione nella quale il nostro paese , per la sua storia particolare , deve assumere un ruolo di avanguardia , o meglio anche attraverso la quale esso deve riuscire ad elevarsi in ambito europeo al grado di civiltà di una nazione come l’Irlanda , che guarda da sempre con orgoglio e coerenza legislativa ai valori della nostra fede ed alla Chiesa di Roma .


APPENDICE


Manifesto dell'iniziativa referendaria per l'abrogazione della legge 194


no194.org

blog ufficiale del comitato per l'abrogazione della legge 194

UN’INIZIATIVA CONCRETA A FAVORE DELLA VITA

REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 IN MATERIA DI ABORTO

1 ) PREMESSA

La funzione fondamentale dello Stato ( di qualunque tipo o forma ) è quella di provvedere alla

difesa dei soggetti più deboli .

In assenza dello Stato , una comunità è destinata ad essere soggiogata dalla ricchezza , della forza ,

dalla violenza , dal potere e da coloro che usufruiscono di tali prerogative , vale a dire i più ricchi ,

i più forti , i più violenti e i detentori delle posizioni di privilegio .

Il Cristianesimo per primo , a fronte di tale realtà oppressiva , ha sostenuto la centralità dell’Uomo

e degli ideali di eguaglianza dei diritti ( che gli ateniesi limitavano ai liberi , escludendo gli

schiavi ) , di fratellanza degli uomini ( riferita anche a coloro che aderivano a diverse

confessioni ) , fatto salvo il libero arbitrio , categoria soprattutto cattolica , vale a dire la libertà di

ciascuno di far le proprie scelte e di osservare o meno i precetti che quel grande ( quanto meno e

di fatto sul piano del coinvolgimento popolare ) movimento religioso ha suggerito ed affermato .

Appare , quindi , a dir poco incredibile che si possano contrapporre ideali illuministici ( intesi

come forieri della dea laicità ) e religiosi ( visti come indici di arretratezza oscurantista ) , in

quanto i tre princìpi fondamentali dell’illuminismo e della rivoluzione francese ( con tutte le sue

storture ) erano già stati proclamati dal Cristianesimo quasi due millenni prima della nascita di

quel movimento culturale .

Ora , chi è l’Uomo , da considerarsi oggetto della tutela statale e destinatario degli ideali di

eguaglianza , fratellanza e libertà ?

E’ pacifico che ciascuno di noi esiste a seguito della ricorrenza di due condizioni : il concepimento

e l’assenza di eventi letali , tra i quali deve annoverarsi , anzitutto ed oggettivamente , l’aborto non

spontaneo , vale a dire la volontaria interruzione della gravidanza .

Ed è pacifico , dunque , che un concepito , da un lato , va considerato a tutti gli effetti alla stregua

di un essere umano e , dall’altro , che è il più debole tra gli esseri umani .

Un concepito non guadagna , non compra , non occupa , non sciopera , non protesta , non ricopre

incarichi di potere .

Ciò premesso , non si riesce a comprendere come uno Stato possa ritenersi civile contravvenendo

alla sua funzione fondamentale sopra indicata ( la tutela dei soggetti più deboli ) e , pertanto , alla

tutela di un concepito .

E come possa essere , ad un tempo , ritenuta sacrosanta la configurazione dell’omicidio come un

reato ( uno dei più gravi ) e affermata la legalità di un atto abortivo .

L’aborto viene oggi considerato come un evento fisiologico , quasi ineluttabile .

Esso , in realtà , è un fenomeno di carattere strettamente culturale .

In Irlanda ( paese di solida ed orgogliosa tradizione cattolica , sottoposto a forti pressioni laiciste

da parte dell’UE ) è ammessa l’interruzione volontaria di gravidanza solo allorché sia in pericolo

la vita della madre .

E nell’isola verde ( alla faccia dell’aborto clandestino ) vi è un tasso di natalità 4 volte superiore a

quello che si registra in Francia , secondo paese dell’unione europea in questa graduatoria e che

risente positivamente al riguardo della massiccia presenza di immigrati di fede e cultura

mussulmana , oltreché di una seria politica assistenziale a sostegno della maternità .

Nei paesi dell’Est europeo , di contro , vi sono più aborti che nascite .

Voglio una società che consenta alle donne ( ed agli uomini ) di nascere ( e di sopravvivere,

pensiamo al caso Englaro ) senza attribuire ai genitori o ad uno di essi un diritto di soppressione ,

diritto che in Italia viene esercitato verso i nascituri del tutto liberamente , in particolare nei primi

90 giorni di concepimento ( ex art. 4 L. 194/78 ) a discrezione di un genitore .

Ed è del tutto anacronistico lottare per le pari opportunità della donna , per poi negarle il suo

diritto fondamentale , quello di nascere , leso mediante una via , quella abortiva , che colpisce

presumibilmente soprattutto il genere femminile , se è vero che la maggioranza delle nascite

riguarda quel genere .

Del pari è anacronistico condannare l’orribile piaga della pedofilia e ignorare o legittimare

l’estrema violenza che può essere commessa ai danni di un bambino , quella mortale , compiuta in

radice durante il concepimento ,resa palese nella sua drammaticità dalle sconvolgenti immagini

che riproducono l’atto abortivo .

Ancora , non ha senso esaltare le libertà dell’individuo al punto di estenderle alla soppressione non

inevitabile del prossimo inerte , al quale ultimo viene così negata ogni libertà .

Sono d’accordo sulla necessità di affrontare la piaga abortiva sul piano culturale ( spiegando nelle

scuole che forse sopprimere un feto non costituisce un atto di emancipazione femminile o una

conquista della nostra era ) e sul piano assistenziale ( garantendo un assegno statale alla madre già

dai primi mesi di gravidanza , come nobilmente proposto da un leader politico ) .

Però , da uomo di legge , ritengo che la promozione di un referendum abrogativo della legge 194 ,

che avrebbe ben maggiori possibilità di raggiungere il “ quorum “ di votanti di quante non ne

avessero già in partenza tutti gli inutili referendum promossi in Italia negli ultimi anni , sia

assolutamente indispensabile .

Un passo necessario per contrastare il genocidio di nostre e nostri connazionali ( nel numero di 5

milioni ad oggi, in 31 anni dall’entrata di vigore di tale osannata legge ) innocenti ed inermi , a

fronte di un immutato numero di aborti clandestini ( 50 000 all’anno ) , e per intervenire

restrittivamente sulla disciplina regolante e legittimante tale piaga .

Che le leggi non possano contribuire a modificare i fenomeni sociali lo trovo assai dubbio ,

ricordo per tutti il calo significativo di fumatori successivo all’entrata in vigore della normativa

introdotta dal Ministro Sirchia , che ha inciso su una condotta che produce addirittura

assuefazione .

In ogni caso , nella peggiore delle ipotesi , non avremmo il rimpianto di aver “girato la testa

dall’altra parte“ per usare parole già sentite , ma potremmo affermare di aver sollevato un dibattito

sulla revisione di una legge che viene incredibilmente considerata inattaccabile , un dibattito a

livello pubblico morto e sepolto da un trentennio , ed aver alimentato qualche riflessione

individuale in più sul tema oggettivamente principale per l’umanità : la vita per l’appunto .

Affinché un soggetto possa beneficiare di un incremento retributivo mensile di qualche centinaio

di euro o detrarre fiscalmente qualche migliaio di euro in più all’anno ( questioni sulle quali i

politici si azzuffano quotidianamente ) gli si deve anzitutto consentire di nascere .

2 ) MODALITA’ E TEMPISTICA DELL’INIZIATIVA

L’operazione referendaria si suddivide in 10 fasi :

a ) creazione di un sito ( www.no194.it ) ;

b ) costituzione di un comitato referendario ( comitato per l’abrogazione della L. 194 ) ;

c ) radicamento territoriale del comitato in strutture locali finalizzate alla raccolta delle firme ;

d ) formulazione dei quesiti ed espletamento delle formalità preliminari per la raccolta ;

e ) raccolta delle firme , da effettuarsi nel numero di 500 000 tra il 1-3-2010 ed il 29-5-2010 ;

f ) deposito di quesiti e firme presso la Corte di Cassazione entro il 30-9-2010 e vaglio da parte

della stessa ;

g ) controllo della Corte Costituzionale ( che si riunirà entro il 20-1-2011 ) ;

h ) indizione del referendum ( che dovrà svolgersi tra il 15-4-2011 e il 15-6-2011 ) da parte del

Presidente della Repubblica ;

i ) campagna referendaria ;

l ) referendum .

3 ) ATTIVITA’ PROPAGANDISTICA

Essendo l’iniziativa circoscritta all’abrogazione della L. 194 , tutta l’attività propagandistica che si

svolgerà durante essa e nelle sue diverse fasi dovrà avere come unico oggetto il tema dell’aborto

richiamando al limite i valori religiosi che fondano in un più ampio contesto la sacralità della vita ,

senza alcun riferimento a posizioni politiche o storiche generali ( qualsiasi possibile domanda al

riguardo dovrà rimanere priva di risposta , in quanto inammissibile e fuori luogo ) e ricorrendo a

tutte le ulteriori tematiche ed argomentazioni ( anche non strettamente religiose ) a supporto della

campagna referendaria e antiabortista sottesa , tra cui quelle riportate al punto 1 ) .

La polemica politica , di conseguenza , potrà essere utilizzata solo per replicare ad un attacco sul

tema nonché per sottolineare l’incoerenza dell’avversario e del suo partito di appartenenza tra i

valori generali che proclama ( egalitari , di tutela del più debole , della donna , dei minori , dei

valori cristiani e libertari etc. ) e la sua posizione specifica in materia di aborto , ciò per evitare

strumentalizzazioni degli avversari o divisioni interne al movimento e per favorire la più ampia

adesione di soggetti che condividano le ragioni di fondo dell’iniziativa .

Non potrà , quindi e ad esempio , ritenersi giustificabile e condiviso dal movimento referendario

qualsiasi intervento svolto sulla dialettica maggioranza-opposizione o effettuato per elogiare o

contestare l’operato del Governo o esaltare le posizioni di un partito se non sul tema in oggetto .

Posizioni sul tema che , ovviamente , le singole forze politiche avranno modo di ribadire

autonomamente prima , durante e dopo la campagna referendaria .

L’attività propagandistica sarà finalizzata ad informare sul contenuto della L. 194 ( con particolare

riguardo agli artt. 4 , 5 e 6 ) , a coagulare tutta la protesta riguardante anche solo singoli aspetti

della legge ( a partire dalla totale irrilevanza sulla decisione del ruolo del potenziale padre , che

non ha neppure un diritto conoscitivo , ed al carattere giustificativo attribuito a mere ragioni

economiche e sociali ) ed a sottolineare come il referendum sia l’unico strumento per ottenere

almeno la sua modifica , superando l’inerzia del Parlamento , che ha dimostrato e dimostra di fatto

di considerarla più intoccabile della Costituzione .

Il tutto , in tale ottica unitaria , senza che possa essere proposto a nome del movimento uno

specifico modello legislativo tra i vari ( grosso modo di 5 tipi , corrispondenti rispettivamente ed

in ordine sempre meno restrittivo a quelli cileno , irlandese , brasiliano , argentino e spagnolo )

meno tolleranti di quello italiano , tanto più poiché il referendum in oggetto ha natura abrogativa e

non propositiva .

Si invita , in ogni caso , ogni aderente all’iniziativa ad evitare di lasciarsi coinvolgere in

disquisizioni di carattere psico-sociologico o economico-sociale dirette a mascherare o sminuire

l’atto abortivo per ciò che esso oggettivamente è : la soppressione volontaria di un essere umano

inerme .

AVV. PIETRO GUERINI



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